
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze fa chiarezza su un tema cruciale per le imprese: la distinzione tra crediti d’imposta “inesistenti” e “non spettanti” Una precisazione che segue l’orientamento della Cassazione e che segna un cambio di passo importante nella gestione dei controlli fiscali. Meno rigidità, più tutela per i contribuenti e maggiore certezza nell’utilizzo degli incentivi. Ecco cosa cambia davvero.
Novità rilevanti per le imprese che usufruiscono di agevolazioni fiscali
Negli ultimi anni, l’utilizzo dei crediti d’imposta agevolativi, in particolare quelli legati a Ricerca & Sviluppo, Transizione 4.0, formazione e innovazione, ha rappresentato per molte imprese uno strumento strategico per investire nel proprio futuro. Tuttavia, le numerose contestazioni sollevate dall’Amministrazione finanziaria, spesso accompagnate da sanzioni elevate, hanno generato incertezza, conflitti interpretativi e contenziosi.
Un’importante svolta è arrivata con due interventi chiave:
- l’ordinanza n. 14625 della Corte di Cassazione, depositata il 31 maggio 2025,
- l’Atto di indirizzo del Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblicato il 1° luglio 2025.
Due documenti che offrono finalmente chiarezza e coerenza sul delicato tema della distinzione tra “credito inesistente” e “credito non spettante”, con importanti ricadute pratiche per le imprese.
La Cassazione conferma: la definizione di “inesistenza” è retroattiva
Con l’ordinanza n. 14625/2025, la Corte di Cassazione ha stabilito che la definizione aggiornata di credito inesistente, così come riformulata dall’art. 1 del D.lgs. 74/2000, non introduce una nuova norma, ma ha funzione ricognitiva. Ciò significa che si applica anche retroattivamente, chiarendo i contorni di una categoria che in passato è stata interpretata in modo estensivo e spesso penalizzante.
Il MEF cambia linea: niente più “inesistenza” per errori tecnici o interpretativi
Il chiarimento più significativo, però, arriva dal MEF, che con l’Atto di indirizzo del 1° luglio 2025 adotta una linea finalmente più aderente alla normativa e alla giurisprudenza recente.
Nel documento, viene affermato che:
- i crediti agevolativi disconosciuti per mancanza di requisiti tecnici o interpretazioni controverse (come spesso accaduto per Ricerca & Sviluppo o per i beni 4.0) non possono più essere qualificati come “inesistenti”, ma rientrano a pieno titolo nella categoria meno grave della “non spettanza”,
- tale definizione si applica anche quando le condizioni richieste per l’agevolazione derivano da fonti tecniche di dettaglio (es. circolari, guide operative, documenti interpretativi) non esplicitamente richiamate dalla norma primaria,
- per questi casi, il MEF conferma la possibilità di utilizzare strumenti di certificazione, sia ex ante che ex post, anche in relazione ai crediti maturati tra il 2015 e il 2019, quindi con effetto retroattivo,
- in caso di non spettanza, è possibile accedere a istituti deflativi del contenzioso, tra cui l’accertamento con adesione, la rateizzazione degli importi dovuti e la riduzione delle sanzioni.
Un cambio di paradigma a favore della certezza giuridica
In passato, l’Amministrazione finanziaria tendeva a classificare come “inesistenti” anche i crediti d’imposta che presentavano criticità tecniche o difformità formali, applicando automaticamente sanzioni del 100% del beneficio e prolungando i termini di accertamento fino a 8 anni.
Con il nuovo indirizzo, viene superata questa visione eccessivamente rigorosa, e viene riconosciuta una distinzione più equa tra condotte fraudolente (che configurano l’inesistenza) e situazioni di errore o buona fede, per cui si applica la non spettanza.
Impatto pratico per le imprese
Questo cambio di rotta avrà ricadute concrete sulla gestione dei crediti d’imposta da parte delle imprese e dei professionisti:
– maggiore serenità nel gestire i controlli e i rapporti con l’Amministrazione finanziaria,
– maggiore certezza normativa e giurisprudenziale,
– riduzione del rischio di sanzioni sproporzionate,
– possibilità di regolarizzare situazioni pregresse grazie alla certificazione.
Un cambiamento atteso da tempo
Si tratta di un passaggio fondamentale per riequilibrare i rapporti tra fisco e contribuente, tutelando le imprese che hanno agito in buona fede e incentivando l’utilizzo corretto e consapevole degli strumenti agevolativi.
Un cambiamento atteso da tempo che va nella direzione di una fiscalità più trasparente, coerente e orientata allo sviluppo.
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